XIX Edizione del Danceproject Festival
Oltre la danza verso nuovi orizzonti…
Andrea Ruberti presenta il suo seminario sulla poesia e sul movimento: l’intento è di interpretare delle poesie non passando per la concretezza di una pantomima ma cercando nell’astratto del movimento per poi trasformarle in coreografia .
Per affrontare il lavoro non è necessario essere danzatori o mimi, ma si richiede all’allievo di sperimentare il movimento a partire dal proprio corpo e cercando nel proprio limite
Tre clown-soldati, reduci di tutte le guerre della storia, arrivano alla guida della loro jeep per innalzare un monumento ai caduti di ogni guerra e ricordare quanta stupidità ci sia stata nella storia.
Cosa accade se sono proprio loro a ricadere nel vizio che denunciano?
Nell’anno del centenario di Pier Paolo Pasolini Agostino Rocca e Costanza Leporatti propongono una pièce ispirata al prologo di Orgia. In scena un attore-performer ed una danzatrice danno corpo e voce alle parole del filosofo , accompagnati da un live electronic polistrumentale.
“Giovannino Perdigiorno è un grande viaggiatore, viaggia in automobile, in moto, in monopattino, a piedi, in aeroplano, viaggia in dirigibile, col carrettino a mano, con il treno diretto e con l’accelerato, ma un paese perfetto non l’ha ancora trovato…”
Giovannino cerca un paese perfetto dove gli errori non esistono e viaggia, attraversando paesi fantastici, incontrando persone di luoghi diversi, che hanno nasi a forma di pipa o che rimbalzano come palle di gomma che vivono nei frigoriferi o in case di cioccolata. Ogni volta impara qualcosa e capisce che l’esperienza del viaggio è più importante di qualsiasi perfezione, perché ti fa crescere. Impara che nel viaggio tutto è compreso, anche l’errore, e quando si sbaglia è un po’ come cadere… tuttavia un buon viaggiatore trova sempre la forza di rialzarsi e proseguire nel suo cammino.
Il viaggio di Giovannino è uno spettacolo poetico e divertente, che tratta due temi, il viaggio come esperienza di vita, e l’incontro, visto come apertura alle culture diverse.
“In realtà lo schema delle crisi giovanili è sempre identico: si ricostruisce a ogni generazione. I ragazzi e i giovani sono in generale degli esseri adorabili, pieni di quella sostanza vergine dell’uomo che è la speranza, la buona volontà: mentre gli adulti sono in generale degli imbecilli, resi vili e ipocriti (alienati) dalle istituzioni sociali, in cui crescendo, sono venuti a poco a poco incastrandosi” P.P. Pasolini
Ispirata a I Poveri, romanzo aspro e doloroso dello scrittore portoghese Raul Brandão, popolato di derelitti attanagliati da domande esistenziali insolute, la creazione di Stefano Mazzotta si spinge all’indagine del tema dell’esilio, della condizione morale di chi si sente estraneo al mondo in cui vive, sospeso tra speranza e nostalgia. Figure ai margini e goffe, accomunate dal medesimo sentimento malinconico e nostalgico, lo stesso desiderio del riscatto. Vuoto, vertigine, orizzonte. Cose perdute o mai state.
Danza e Canto in dialogo procedono per assonanze, contrasti, silenzi, lungo un cammino in divenire.
Terra, acqua, vento e roccia soffiano passi e parole.
Circe, il bordello. Spettacolo di teatro e danza realizzato in occasione del Bloomsday ‘22. L’episodio più lungo, più cinematografico e per molti versi più rivoluzionario di Ulisse, ambientato nel bordello di Bella Cohen, nel quartiere “a luci rosse” di Monto che gli ricordava quello di Cavana a Trieste. Danza e parola raccontano la discesa di Bloom agli inferi della prostituzione e della de-umanizzazione, ma anche la sua redenzione attraverso la fedeltà alla propria coscienza.
Roma 49 a.C. Donato, abile ciabattino e servo fidato di Catone, nella fuga dei senatori dalla Capitale dopo il passaggio del Rubicone, è costretto a lasciare a Roma il figlio di 7 anni, Giulio. Trascorsi 5 anni, la congiura ai danni di Cesare è ormai imminente, ma Giulio, cresciuto come servo nella famiglia di Bruto, sogna di entrare nell’esercito e combattere. Nel “vecchio laboratorio” del padre passato e presente iniziano a chiamarsi, creando un filo che attraversa i campi di battaglia, gli intrecci politici, gli ideali degli uomini dell’epoca. Lo spettacolo parla del legame inestirpabile che c’è tra un padre e un figlio, di quanto gli insegnamenti e l’amore di un genitore possano oltrepassare i limiti fisici dello spazio e del tempo. Lo spettacolo si propone come prequel di “GIULIO”.
COME UN ACROBATA SULL’ACQUA è una passeggiata che prova a rispettare il tempo del fiume dettato dallo scorrere dell’acqua. Una passeggiata fatta di equilibrio e resistenza, di abbandono e apnea.
Tre giorni alle Idi di marzo. Mentre Bruto e Cassio tessono le redini della congiura ai danni di Cesare, Giulio, un giovane ciabattino al servizio di Bruto, si ritrova nel posto sbagliato al momento sbagliato. Il ciabattino ha la possibilità di salvare la vita di Cesare, ma questo significa rischiare la propria. Potrebbe fuggire ma non lo fa. Messo alle strette da Bruto e Cassio, tradito da Porzia, affronta il suo destino, che ormai è pericolosamente legato a quello di Cesare. Giulio porta con sé una domanda fondamentale: e se tutto fosse semplice? Se l’unica regola da seguire in una società democratica fosse composta solo da tre parole: fare i bravi?
GIULIO, liberamente ispirato al Giulio Cesare di W. Shakespeare, è uno spettacolo con 6 performers (3 attori e 3 danzatori) che adotta un linguaggio che spazia dal teatro di prosa, al teatro fisico, alla danza contemporanea, al teatro civile; un lavoro congiunto tra corpo, voce, testo, movimento e ritmica.
“I suoni delle pietre”
Performance di danza contemporanea “I suoni delle pietre” di e con Daša Grgič a cura del Danceproject Festival XIX / Contatti e territori, organizzata dall’Associazione Culturale Teatro Immagine Suono Actis di Trieste in collaborazione con “L’Energia dei Luoghi – Festival del Vento e della Pietra”.
La performance di danza è stata realizzata sulla particolare elaborazione sonora site specific “Sinfonia della Cava Romana” a cura dell’astrofisico Mauro Messerotti.
Laboratorio di teatro danza condotto da Cristina Sforzini
“il sogno di tutti i bambini è quello di arredare lo spazio.Il sogno degli adulti è quello di trovarsi uno spazio.Uno spazio concettuale,certo ma soprattutto uno spazio fisico dove poter respirare, dove riuscire a ritrovarsi e forse riconoscersi- cit da R. Cotroneo .
Aperto a tutti: attori, ballerini, performer, professionisti e amatoriali anche alla prima esperienza.
Lo spettacolo è una ballad-perfomance sulle vicende dell’Amleto viste con lo sguardo dello Spettro del padre. Il suo famoso monologo viene indagato decostruito e ri-assemblato. Le rivelazioni che il fantasma del vecchio Re fa a suo figlio Amleto -fantoccio del teatro, ectoplasma e figura esistenziale per eccellenza- sono il motore di tutta la trama.
Una performance recitata e danzata generata dalle distorsioni elettriche di una chitarra-cardiogramma, pulsazioni, in un flusso continuo di suono dal quale nascono delle songs, pezzi di monologo che diventano dei refrain semplici dentro una musica istintiva come un disco alla Nick Cave fusi con le immagini inconsce e surrealiste, fotogrammi associati per analogie di confine tra veglia e sonno.
Essere o non essere, è ancora questo il problema?
Plenir è la preziosa cesta che le coraggiose donne trasportavano sulla testa per recarsi a Trieste e vendere i prodotti agricoli. Si alzavano presto la mattina, quando era ancora buio, e mettevano i vasi pieni di latte sui carretti, le uova nel plenir appoggiato sulla testa e si incamminavano per i sentieri. Plenir è uno spettacolo di danza contemporanea ricco di memorie e ricordi che sono ancora presenti nella coscienza collettiva degli abitanti del Carso triestino.
Ispirata a I Poveri, romanzo aspro e doloroso dello scrittore portoghese Raul Brandão, popolato di derelitti attanagliati da domande esistenziali insolute, la creazione di Stefano Mazzotta si spinge all’indagine del tema dell’esilio, della condizione morale di chi si sente estraneo al mondo in cui vive, sospeso tra speranza e nostalgia. Figure ai margini e goffe, accomunate dal medesimo sentimento malinconico e nostalgico, lo stesso desiderio del riscatto. Vuoto, vertigine, orizzonte. Cose perdute o mai state.
Dopo studi decennali e approfondimento sulle proprie radici, Jennifer Cabrera realizza e propone il sincretismo delle culture che appartengono al territorio dov’è nata e cresciuta attraverso la danza moderna e contemporanea.
Laboratorio sulla voce in relazione al corpo, un percorso sviluppato in cinque incontri al mercoledi dal 26 ottobre